Rapporti tra giudizio civile e penale. Operatività della sospensione necessaria del processo civile. Efficacia di giudicato della sentenza penale. Interpretazione restrittiva dell’art. 75, III comma, c.p.p.

Avv. Gea Todini

Cass. Sez. Unite civili 21/5/2019 n. 13661.

Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione sono state investite della seguente questione: se il giudizio civile promosso dal danneggiato, dopo la pronuncia della sentenza penale di primo grado, nei confronti sia del danneggiante-imputato che dell’assicurazione debba necessariamente essere sospeso nei confronti di tutti i litisconsorti.

Nel dirimere il contrasto vengono ripercorsi i presupposti legali soggettivi di operatività della sospensione necessaria del processo civile di risarcimento del danno derivante da reato.

In particolare la Corte di Cassazione evidenzia come, nell’impostazione dell’attuale codice di procedura penale, i rapporti tra giudizio civile e penale siano ispirati al “principio della parità e originarietà dei diversi ordini giurisdizionali” e di autonomia dei giudizi. Ciò anche su un piano più generale e in altri comparti dell’ordinamento; il favor per la separazione dei giudizi è multidisciplinare e prevalente rispetto al rischio di contrasto tra giudicati. Il legislatore ha voluto incoraggiare la proposizione dell’azione civile nella sua propria sede.

L’esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale prevale oggi sull’interesse del danneggiato ad esperire la propria azione unicamente all’interno di quest’ultimo.

In questo senso è superata l’idea di unità della giurisdizione e prevalenza del giudizio penale che caratterizzava, all’opposto, il vecchio codice.

Alla luce di questa ricostruzione, la Corte chiarisce quindi la ratio della sospensione necessaria prevista dall’art. 75, III comma, c.p.p. Essa non si identifica con il principio di uniformità dei giudicati, che deve ormai considerarsi recessivo.

Ciò che rileva ai fini della sospensione del giudizio civile di danno è che la sentenza penale possa esplicare efficacia di giudicato nell’altro giudizio ai sensi degli artt. 651, 651- bis, 652 e 654 c.p.p. Del resto non avrebbe senso imporre al danneggiato (attore), che si sia tardivamente rivolto al giudice civile, di attendere l’esito del processo penale se quest’ultimo non fosse idoneo a produrre i propri effetti nel processo civile.

Secondo le conclusioni della Corte l’art. 75, III comma, c.p.p. deve dunque essere interpretato restrittivamente, poiché le ipotesi di sospensione ivi previste rappresentano una deroga rispetto alla regola generale di separazione dei giudizi e di autonoma prosecuzione di ciascuno di essi.

La sospensione dovrà essere disposta unicamente nel caso in cui tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto. Circostanza che non ricorre nella fattispecie sottoposta al vaglio del supremo organo nomofilattico.