Azioni edilizie e onere della prova. La consegna di cosa viziata come imperfetta attuazione del risultato traslativo.

Avv. Gea Todini

Cass. Sez. unite 3 maggio 2019 n. 11748.

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha risolto il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla ripartizione dell’onere della prova nelle azioni edilizie.

Se, fino al 2013, la giurisprudenza affermava uniformemente che nelle azioni di garanzia per i vizi della cosa venduta l’onere della prova dei difetti del bene, delle conseguenze dannose degli stessi e del nesso causale fra i primi e le seconde dovesse ricadere sul compratore, con la sentenza n. 20110/2013 tale principio è stato sovvertito.

In questa pronuncia, (poi richiamata dalle successive Cass. n. 24731/2016 e n. 21927/2017), la Cassazione ha applicato alle azioni edilizie i principi elaborati nella storica sentenza ss.uu. n. 13533/2001 per le azioni di adempimento contrattuale, risoluzione per inadempimento e risarcimento del danno, stabilendo un parallelismo tra la figura contrattuale del creditore della prestazione e quella dell’acquirente del bene. Secondo la Cassazione del 2013 n. 20110, è a carico del venditore (debitore) l’onere di dimostrare di aver consegnato una cosa conforme a quella acquistata dal compratore (creditore) poiché “in tema di compravendita, l’obbligazione (di dare) posta a carico del venditore è di risultato, in quanto l’interesse perseguito dall’acquirente è soddisfatto con la consegna di un bene in grado di realizzare le utilità […] alle quali la prestazione sia preordinata”. L’acquirente dovrà unicamente allegare l’inesatto adempimento o denunciare la presenza di vizi o difetti del bene, in ossequio al principio di vicinanza della prova.

Tuttavia, le Sezioni Unite in commento non accolgono tale ricostruzione.

Nel dirimere il contrasto giurisprudenziale la Suprema Corte nomofilattica pone in evidenza la specialità delle azioni edilizie rispetto ai rimedi generali all’inadempimento contrattuale. La consegna di cosa viziata non può essere considerata inesatto adempimento dell’obbligazione del venditore, in quanto la disciplina della compravendita non pone a capo dello stesso alcun obbligo di garantire che la cosa venduta risulti del tutto immune da vizi.

Il contratto di compravendita fa sorgere in capo al venditore unicamente l’obbligo di consegnare la cosa oggetto del contratto, la cui proprietà è già stata trasferita all’acquirente al momento della conclusione, e, nella vendita di cose determinate solo nel genere, la duplice obbligazione di individuare una cosa di qualità non inferiore alla media e di consegnare la cosa individuata.

La garanzia per vizi di cui all’art. 1476 n. 3 c.c. non deve quindi essere concepita come oggetto di un “dovere di prestazione” ma come “soggezione” cui è sottoposto il venditore.

La consegna di una cosa viziata costituisce una violazione della lex contractus che configura però non in un inadempimento in senso stretto, ma un’imperfetta attuazione del risultato traslativo promesso nel contratto stesso. Quella del venditore è una responsabilità contrattuale speciale, che prescinde dalla colpa ed è oggettivamente legata al dato obiettivo dell’esistenza dei vizi.

Alla luce dei principi appena espressi, pertanto, nelle azioni edilizie l’onere della prova deve atteggiarsi nel pieno rispetto del dettato dell’art. 2697 c.c.

Sarà il compratore, che vuol far valere il suo diritto in giudizio, a dover provare l’esistenza dei vizi della cosa acquistata.