Avv. Carlo Marchesini
(Cass. 14/10/2019 n. 25837, in www.cortedicassazione.it)
La tematica principale affrontata è quella del diritto intertemporale applicabile in materia di indennizzo per l’eccessiva durata del processo.
Per i processi instaurati dopo l’entrata in vigore novella di cui alla legge 28.12.2015 n. 208, la misura dell’indennizzo è determinata all’interno dei valori predeterminati di aestimatio per ogni anno di eccessiva durata: di €400,00 min. e €800,00 max., salvi i contemperamenti previsti dallo stesso art. 2 bis della legge 89/2001.
Non essendovi alcun disciplina transitoria, i nuovi limiti di indennizzo vengono applicati ai nuovi processi per Equa riparazione, a nulla rilevando che il processo presupposto sia anteriore a tale data.
E’ escluso ogni effetto retroattivo. E’ esclusa in particolare ogni modifica della disciplina giuridica del fatto generatore di danno (Cass. S.U. 12/12/1967, n. 2926).
Altro principio ribadito nella sentenza in commento è la frazionabilità della domanda di equa riparazione: a mano a mano che spezzoni di eccessiva durata del processo si vanno maturando, è possibile agire in giudizio per ottenere l’indennizzo di legge per il periodo corrispondente.
La facoltà di frazionamento, come anche chiarito dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 88 del 2018, permette il perseguimento della finalità stessa della legge. 89/2001 e ss. modd.
L’affermazione, a ben vedere, è perfettamente identica, ribaltando il punto di osservazione, all’opposto principio di divieto di frazionamento della domanda giudiziale.
Tale principio, che non si applica naturalmente alle frazioni di un credito divenute esigibili successivamente al primo processo, è immanente nell’ordinamento giuridico: ciò a salvaguardia del corretto utilizzo delle energie processuali ed al fine di impedire l’abuso del diritto di azione, con crescita esponenziale dei costi e dei tempi, a danno dell’utente e del sistema giustizia nel suo complesso.
L’affermazione della Corte sul punto della frazionabilità della domanda può essere a questo punto criticamente vagliata alla luce della distinzione tra processi mono e plurigrado.
Per i primi, qualora si faccia valere un’ulteriore segmento di eccessiva durata del giudizio di un unico grado, tale segmento sarà da considerarsi anch’esso, di per sé, eccedente i limiti di durata di cui alla legge 89/2001 (salvo eccezionali sopravvenienze).
Per i processi plurigrado, invece, non è da escludersi a priori che si verifichi la seguente combinazione per i tre gradi di giudizio: 4 (anni di durata) +1+1.
In questo caso, il disposto del comma 2 ter dell’art. 2 legge 89/2001 (giudizio per Equa plurigrado definito in sei anni totali), impedirebbe la presunzione di eccessiva durata anche per i due successivi segmenti unitari.
Infine la Corte specifica che la condanna alle Casse delle ammende di cui all’art. 5 ter della legge 89/2001 è possibile solo quando la domanda per equa riparazione sia dichiarata inammissibile ed infondata. La domanda quindi, non la opposizione.
Il caso di specie, riguardava un accoglimento parziale della domanda di indennizzo.
La relativa censura sul punto è stata accolta dalla Corte di Cassazione.