La ripartizione delle spese processuali in caso di soccombenza reciproca nel processo italiano ed in quello tedesco. Criterio della prevalenza e criterio matematico.

Avv. Carlo Marchesini

Nel processo italiano la ripartizione delle spese legali, e la misura della stessa, è valutazione altamente discrezionale del Giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità: almeno qualora possano ricavarsi, nel testo della sentenza, elementi idonei a sorreggere la decisione adottata (es. soccombenza tout court o altri motivi chiaramente identificabili) .

Detta discrezionalità si manifesta su diversi piani, a cominciare dall’accertamento giudiziale che, effettivamente, soccombenza reciproca vi è stata (rispetto alle domande iniziali o successivamente modificate dalle parti).

Rimessa all’interprete è inoltre la determinazione della misura della soccombenza reciproca, di norma secondo il criterio di prevalenza; quest’ultimo è però di difficile applicazione in caso di soccombenza reciproca diseguale (cioè di domande giudiziali diverse da un punto di vista qualitativo: es. domanda di risarcimento danni, da una parte, e domanda di accertamento di una servitù coattiva dall’altra).

Al Giudice spetta poi la quantificazione in concreto delle spese legali; quantificazione che, a sua volta, può non fare necessariamente da specchio alla misura della soccombenza reciproca.

Non è tutto.

Oltre quanto appena esemplificato, il Giudice può, a monte, pur a fronte della soccombenza processuale di una sola delle parti, compensare comunque le spese legali (art. 92 c.p.c.).

Si ricordano al riguardo alcuni elementi che, pacificamente, possono giustificare una decisione in questo senso (I danni di lieve entità, Giuffrè, 2015):

  • la novità della controversia. Il dinamismo dei più coraggiosi operatori del diritto tenta continuamente di assicurare tutela a nuovi interessi emergenti. Tali tentativi non sempre giungono alla estrapolazione di un nuove fattispecie di diritto ma, anche nel caso in cui la domanda non sia meritevole di accoglimento, un coerente sforzo argomentativo, la ricostruzione competa e ragionata sullo stato dell’arte del diritto vivente, dovrebbe essere valorizzati dall’interprete. Si tratta comunque di un contributo allo sviluppo del diritto. La Suprema Corte è comunque rigorosa sul punto: l’aula giudiziaria non può essere trasformata in accademia (Cass. 30.5.2008 n. 14563, GD, 2008, 33, 56); non decisivo è lo spessore delle argomentazioni spese dalla parte processuale per sorreggere la propria domanda (cfr. Cass. 4278/2011). Lo scrivente osserva però sul punto: La legge è data dalla legge più la giurisprudenza (M. Bove). La dottrina può diventare giurisprudenza, al pari dei progetti di legge. Per fare dottrina, ci vogliono naturalmente le capacità;

– la grande complessità delle questioni sollevate;

– l’eventuale sussistenza di un contrasto giurisprudenziale, inclusa la pronuncia di una sentenza chiarificatrice della Corte nomofilattica successiva all’a litispendenza della lite;

– la natura eminentemente interpretativa della controversia dovuta ad una novella normativa,

– le oggettive difficoltà dell’accertamento in fatto idonee ad incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti;

– la natura prettamente tecnica della controversia;

– la natura della materia implicante delicate valutazioni su dati supersensibili della persona, come la sua salute (es. in materia di equo indennizzo per causa di servizio);

– la palese sproporzione tra interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste;

– il comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali;

– l’inesistenza di posizioni di netto contrasto;

– ragioni di equità sostanziale (cfr. Tar Puglia 23.8.2011, n. 1539, contra però Cass. 9.12.2011, n. 25466 in www.ilsole24Ore.it);

– la violazione dei doveri di lealtà e probità nel processo da parte della controparte;

Se aggiungiamo che pacificamente la giurisprudenza pone a fondamento dell’intera disciplina delle spese legali, non soltanto il criterio della soccombenza, ma anche quello di causalità – per il quale soccombente può ritenersi solo la parte che avrebbe potuto evitare la lite e con il suo comportamento l’ha resa necessaria (Chiovenda) o che ha tenuto nel processo un comportamento ingiustificato (in tal modo la soccombenza degrada ad elemento rivelatore che consente di risalire per induzione al fatto causativo del giudizio) – si comprende come siamo di fronte ad una discrezionalità amplissima (cfr. Consiglio Superiore della Magistratura, Le spese nel processo civile, www.appinter.csm.it)

La ripartizione delle spese legali in caso di soccombenza reciproca o parziale, o se vogliamo, di compensazione delle spese legali anche in caso si soccombenza di una sola delle parti processuali – (paiono a ben vedere tre facce dello stesso poliedro) – richiede comunque un minimo di produzione motivazionale.

Interessante è l’esperienza della giurisprudenza tedesca sul punto.

Quest’ultima, nel più ristretto ambito della soccombenza reciproca uguale (cioè esclusivamente quantitativa), utilizza un criterio prettamente matematico. Al centesimo.

Non è raro imbattersi in statuizioni del seguente tenore:

Von den Kosten des Rechtsstreit haben der klager 69% und die Beklagte 31% zu tragen.

(z.b. Landgericht Stuttgard 15 O 314/20)

Data cioè una richiesta di risarcimento di ammontare tot, qualora il Giudice ritenga di rigettare parzialmente la domanda (e questo potrà avvenire per un numero amplissimo di eccezioni, sia di parte che rilevabili d’ufficio), tale rigetto parziale si ripercuoterà, nella sessa identica proporzione, sulla condanna alle spese legali. Senza bisogno di alcuna motivazione. Quest’ultima è intrinseca nella stessa misura matematica della ripartizione.

Si tratta sostanzialmente di fare applicazione, in via interpretativa-estensiva, dell’art. 91 c.p.c., in materia di soccombenza e spese legali (regola aurea, fissa e certa), anche all’ipotesi di soccombenza reciproca o parziale. Senza fare applicazione dell’art. 92 c.p.c. La novità introdotta dal presente contributo sta in ciò: con il criterio prettamente matematico, si “bypassa” l’obbligo di motivazione circa i gravi ed eccezionali ragioni per giustificare la compensazione, anche parziale, delle spese in ipotesi si soccombenza reciproca uguale (cfr. Cass. n. 8272 del 29/4/2020). Ciò anche al fine di giungere ad una statuizione sul punto che sia ragionevole, giusta, non arbitraria.

Quali sono gli effetti dell’applicazione del criterio matematico puro nelle ipotesi di soccombenza parziale recriproca uguale?

Secondo lo scrivente molteplici. Sia su un piano processuale che di sistema.

Dal primo punto di vista, sono disincentivate domande esplorative o destituite del necessario corredo probatorio. L’onere di allegazione, serio e circostanziato, è notevolmente enfatizzato ed opera virtuosamente in simbiosi con il principio del doveroso, integrale, dispiegamento del contraddittorio fin dalle fasi introduttive del giudizio. Tale principio, volto a penalizzare condotte attendiste e/o opportuniste secundum eventum litis, è stato più volte ripetuto dalla Suprema Corte a Sezioni Unite : “il dovere di responsabile collaborazione delle parti per contenere i tempi processuali significa […] che le stesse, sopratutto nei processi caratterizzati da difesa tecnica, debbono circoscrivere tempestivamente i fatti effettivamente controversi” Cass. S.U. 9/10/2008 n. 24883).

Prima ancora, è possibile profilare correttamente i paletti di una soluzione transattiva della controversia.

Da tutto ciò consegue, in definitiva, una tendenziale semplificazione allegativa ed istruttoria del processo ed una finaltà deflattiva dello stesso. Ciò comporta anche uno sgravio (seppur minimo) dell’onere motivazionale nella sentenza.

Dal secondo punto di vista, dovrebbero essere percepibili, proprio in conseguenza di quanto appena osservato, i benefici in termini di deflazione del contenzioso, di rispetto del principio di certezza e prevedibilità delle decisioni, nonché del rispetto del termine ragionevole di durata del processo.