Avv. Gea Todini
Cass. Sezioni Unite Civili n. 12193 del 08/05/2019.
Con la sentenza in commento torna attuale il dibattito sulla procreazione medicalmente assistita, in particolare sulla pratica della surrogazione di maternità.
La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è espressa in tema di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d’intenzione cittadino italiano. Per genitore d’intenzione si intende il membro della coppia omosessuale che non ha legami biologici con il figlio ma la cui paternità è stata riconosciuta dal provvedimento giurisdizionale straniero.
L’impugnata ordinanza della Corte d’Appello di Trento aveva accolto la richiesta di riconoscimento del provvedimento straniero, attribuendo rilievo primario alla tutela del diritto dei minori alla conservazione dello status di figli riconosciuto in un atto validamente formato in Canada.
Ciò, nel rispetto della nozione di ordine pubblico internazionale secondo cui non c’è contrasto con detto principio in caso di difformità della norma straniera da norme del diritto nazionale di natura altamente discrezionale, come quelle che disciplinano le pratiche di procreazione medicalmente assistita. La Corte territoriale aveva quindi ritenuto ragionevole non privare di rilievo giuridico l’identità familiare e i legami legittimamente acquisiti in Canada dai minori, rilevando come nel nostro ordinamento non esista un modello di genitorialità fondato esclusivamente sul legame biologico tra genitore e nato – come dimostra l’istituto dell’adozione – e che, pertanto, non ci siano ostacoli a che possa essere riconosciuta la paternità di un soggetto che non abbia contribuito geneticamente alla nascita del figlio.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non condivide le argomentazioni dei giudici di merito e rigetta la richiesta di riconoscimento del provvedimento giurisdizionale canadese.
Argomenta dall’assunto per cui il principio dell’ordine pubblico è il limite che l’ordinamento nazionale pone all’ingresso di norme e provvedimenti stranieri, a protezione della sua coerenza interna. Esso non è riconducibile solo ai valori condivisi dalla comunità internazionale, ma comprende anche principi e valori esclusivamente propri dell’ordinamento interno, purché “fondamentali ed irrinunciabili”. I principi consacrati nelle fonti sovranazionali hanno una portata complementare rispetto a quelli sanciti dalla nostra Costituzione e le norme ordinarie assumono rilevanza quali strumenti di attuazione dei valori espressi dalla Carta Fondamentale.
In quest’ottica il divieto di surrogazione di maternità, di cui all’art. 12 legge n. 40/2004, deve essere considerato norma di ordine pubblico, in quanto posta a presidio di interessi costituzionalmente rilevanti, come la dignità umana della gestante.
Tale divieto si configura come “l’anello necessario di congiunzione tra la disciplina della procreazione medicalmente assistita e quella generale della filiazione, segnando il limite oltre il quale cessa di agire il principio di autoresponsabilità fondato sul consenso […] e torna ad operare il favor veritatis,che giustifica la prevalenza dell’identità genetica e biologica”.
Ne consegue che, in caso di ricorso alla surrogazione di maternità, il diritto del minore alla conservazione dello status filiationis è destinato ad affievolirsi. Il bilanciamento degli interessi coinvolti è stato effettuato dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione.
La Corte di Cassazione evidenzia quindi la distinzione tra la posizione giudica di padre, legata al rapporto di discendenza genetica della prole, accertabile in sede giudiziale e a cui il nostro ordinamento attribuisce un rilievo “non secondario”, e il concetto di genitorialità.
Nella fattispecie oggetto della sentenza, la coppia omosessuale ha attuato il proprio progetto genitoriale ricorrendo alla maternità surrogata. Alla luce della ricostruzione effettuata, il divieto di surrogazione di maternità di cui all’art. 12 legge n. 40/2004, considerato norma di ordine pubblico, non consente il riconoscimento in Italia del provvedimento canadese. I minori conserveranno unicamente lo status filiationis conseguito in Canada nei confronti del padre biologico, al quale sono legati da un rapporto di discendenza genetica.
La pronuncia in commento fa sorgere alcuni interrogativi.
In particolare, ciò che rileva sono le implicazioni pratiche derivanti dall’applicazione dei principi affermati dalla Corte di Cassazione per le coppie omosessuali che si avvalgano delle pratiche di p.m.a.
La scelta dell’utilizzo dell’una o dell’altra tecnica procreativa è ovviamente influenzata anche da ragioni biologiche e naturali. Una coppia omosessuale formata da due uomini dovrà necessariamente avvalersi della surrogazione di maternità se desidera avere un figlio che abbia un legame biologico con uno dei due partner.
Ciò non è invece necessario per una coppia omosessuale formata da due donne, che potrà utilizzare, esattamente come consentito anche in Italia, la fecondazione eterologa per realizzare il proprio progetto genitoriale, senza ricorrere alla surrogazione di maternità.
Quando ciò avviene all’estero potranno in seguito chiedere il riconoscimento dell’efficacia in Italia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione.
È così che di fatto vengono dunque ad essere trattate in maniera diseguale situazioni analoghe; tale disparità di trattamento in futuro potrebbe essere sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale.