Risarcimento del danno nei contratti del consumatore in caso di eccessiva onerosità dei rimedi di sostituzione e riparazione

Dott. Antonio Zappia

Corte di Cassazione, Sez. II Civ., sent. n. 1082 del 20/1/2020, in www.cortedicassazione.it

1. Premessa: la normativa di riferimento

L’art. 130 del d.lgs. 206/2005 (c.d. codice del consumo) attribuisce al consumatore che riscontri un difetto del bene acquistato il diritto al ripristino della conformità tramite, a sua scelta, la riparazione o la sostituzione del bene, ad esclusivo carico del venditore.

Tale pretesa incontra un limite nei casi di impossibilità o eccessiva onerosità per il venditore di eseguire l’intervento richiesto; ciò può ricorrere per uno solo dei due rimedi previsti (nel qual caso il consumatore può avvalersi dell’altro) o per entrambi.

Quest’ultimo è il caso che si è presentato alla Corte di Cassazione nella sentenza in commento.

2. La decisione

La Suprema Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno integrale, ex art. 1494 cod. civ., al consumatore che non aveva potuto servirsi né della riparazione (per impossibilità), né della sostituzione (per eccessiva onerosità) del bene viziato.

3. Il caso

La Corte di Appello a quo aveva, invece, rigettato la suddetta domanda risarcitoria, argomentando che, una volta passata in giudicato la valutazione del Giudice di primo grado di eccessiva onerosità della sostituzione (unico rimedio esperibile secondo l’ATP) della copertura del tetto in legno non conforme, il risarcimento del danno integrale, costituito dalle spese necessarie per il ripristino del tetto, costituisse misura equivalente e, quindi, non consentita per eccessiva onerosità.

L’unico spazio di tutela possibile sarebbe stata la rifusione delle spese necessarie per coprire i difetti estetici del prodotto. Nel caso di specie, non essendo stata espressamente richiesta dall’attore tale voce di danno, il principio della domanda impediva il riconoscimento della corrispondente somma al danneggiato.  

4. La motivazione ed i principi sottostanti

In accoglimento del ricorso del consumatore, la Cassazione ha così motivato.

In primo luogo, l’art. 130 cod. cons. non si occupa del risarcimento del danno, né lo menziona tra i rimedi che incontrano il limite di eccessiva onerosità.

In secondo luogo, l’art. 1494 cod. civ., che dispone la responsabilità del venditore per i danni derivanti dai vizi della cosa, è applicabile secondo le ordinarie regole civilistiche in maniera integrativa e complementare alle norme di tutela del consumatore.

Ciò tanto per diritto positivo, quanto per principi generali.

L’art. 135 cod. cons., infatti, fa salva l’applicazione di quanto disposto dal Codice Civile in materia di contratto di vendita, per quanto non diversamente previsto, e, in ogni caso, lascia impregiudicata la titolarità del consumatore dei più ampi diritti che gli spettano in virtù di altre fonti dell’ordinamento.

In tal modo trasponendo fedelmente il contenuto della direttiva 1999/44/CE (si veda, in particolare, l’art. 8) del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, in attuazione della quale è stato emanato il complesso di norme noto come Codice del consumo.

Questa regola è frutto di una tecnica normativa generalmente adottata in ambito internazionale e sovranazionale in tema di diritti della persona. Il c.d. principio dello standard minimo di tutela ha una duplice finalità: da un lato, fissa la soglia minima di protezione che gli Stati devono garantire in materia, e, dall’altro, scongiura l’effetto collaterale di diminuire il livello di tutela più elevato già attribuito al soggetto dalle disposizioni esistenti. Si veda, a titolo di esempio, l’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.  

In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la Cassazione ha inoltre ribadito che la domanda risarcitoria, salva espressa specificazione e limitazione del richiedente, ha un effetto comprensivo di tutti i danni cagionati dal comportamento lamentato del convenuto.

Non è corretta, quindi, la valutazione della Corte di Appello a quo che aveva ritenuto i danni estetici non rientranti nella richiesta dei danni per la sostituzione della copertura del tetto, in maniera contraria al principio che il più contiene sempre il meno.

5. Conclusioni

La Cassazione è intervenuta affermando un criterio di giustizia sostanziale.

La disciplina peculiare dettata a maggior tutela di una categoria di soggetti non può risolversi in un danno per gli stessi, negando loro la titolarità dei diritti riconosciuti alla generalità dei consociati.

L’interpretazione contraria è esclusa dalla finalità della normativa in oggetto. Il riconoscimento della posizione di particolare vulnerabilità del contraente-consumatore rispetto alla controparte è la ratio giustificativa per ampliare e potenziare la sfera giuridica del consumatore, non per diminuirla.