Avv. Gea Todini
(Cass. 23 luglio 2019 n. 19883).
Nei procedimenti per equa riparazione la durata del processo esecutivo, promosso per la realizzazione della situazione giuridica soggettiva di vantaggio fatta valere nel processo presupposto con esito positivo, deve essere o meno calcolata ai fini del computo della durata ragionevole dello stesso processo presupposto?
Le Sezioni Unite danno risposta affermativa al quesito, ripercorrendo i più significativi arresti giurisprudenziali in merito.
E’ con le sette sentenze della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 2014, dalla n. 6312 alla n. 6318, che viene per la prima volta affermata l’unità funzionale tra fase di cognizione e fase esecutiva del giudizio per equa riparazione. La garanzia costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale e l’art. 6, par. 1 della CEDU impongono di considerare il processo di cognizione – che si conclude con il riconoscimento in capo all’attore di una situazione giuridica soggettiva di vantaggio – e l’esecuzione – promossa in mancanza di spontaneo adempimento dello Stato debitore – come un unico processo, scandito da fasi “consequenziali e complementari”.
In seguito, con la sentenza n. 9142 del 2016, il Supremo Collegio ha in parte temperato il principio dell’unitarietà delle fasi, riconoscendola unicamente nel caso in cui la parte di un processo civile concluso con il riconoscimento di un diritto avesse iniziato la fase esecutiva entro il termine di decadenza previsto dall’art. 4 l. 89/2001.
La Corte di Cassazione con la pronuncia in commento, tuttavia, torna sui suoi passi e, con rinnovata attenzione alla più recente giurisprudenza della Corte edu (sentenza del caso Bozza c. Italia del 14 settembre 2017), conferma che la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all’indennizzo a carico dello Stato-debitore vada considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che l’azione venga iniziata entro sei mesi dalla definitività del giudizio di cognizione. Detto termine semestrale decorre dalla definitività della fase esecutiva. Ciò, solo nei procedimenti in cui ad essere condannato è lo Stato, per il peculiare obbligo dello Stato-debitore di garantire la piena realizzazione di un debito al medesimo imputabile.
Nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo non va invece considerato come “tempo del processo” (rilevante per la quantificazione dell’indennizzo) quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva.
Questo intervallo di tempo può eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell’esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenza di rimedio interno, dalla Corte edu.